Il sostegno psicologico al familiare del malato di Parkinson

Nel morbo di Parkinson molte sono le situazioni di “bisogno” che vengono manifestate dal paziente nel corso della malattia.
Oltre a trattare la malattia seguendo costantemente una complessa terapia farmacologica e riabilitativa, occorre prestare molta attenzione alle importanti esigenze che investono la sfera psico-sociale dell’individuo.
I disagi creati dalla malattia costringono il malato a prendere atto della nuova realtà che sta vivendo.
Essere malato di Parkinson non comporta solamente un mutamento spesso significativo delle proprie abitudini di vita determinato dai sintomi della malattia, ma anche preoccupazioni per la vita familiare, per il danno economico, per la temuta estraniazione dalla vita sociale.
Di fronte a questi problemi la persona pone, spesso, in atto dei meccanismi di difesa che determinano conseguenti comportamenti.
Tali comportamenti, è bene dirlo, non sono tipici od esclusivi di una particolare patologia.
Possono essere, infatti, rilevabili in qualsiasi stato di sofferenza che investe la persona.
Per esemplificare, indichiamo alcuni atteggiamenti fra quelli più comuni che si riscontrano generalmente nel malato:
- negazione (non è nulla passerà): è prevalente il rifiuto di ammettere l’ingresso della malattia, pur convivendo con l’angoscia del dubbio che, con il peggioramento delle condizioni di salute, si fa sempre più certezza;
- accusa rivolta all’ambiente circostante di mostrare scarso interesse verso i problemi causati dalla malattia (Nessuno si interessa a me!). La persona ha rapporti sempre più difficili nell’ambito familiare;
- attribuzione ad altre cause esterne e generiche del peggioramento della malattia (Mi sento debole, ma sono i farmaci che mi buttano giù!);
- regressione (Non posso pensare ad altro, ho bisogno di curarmi!): viene accentrata l’attenzione unicamente sul proprio status di malato, trascurando qualsiasi altro interesse anche precedentemente molto vivo;
- remissività (Me l’ha ordinato il medico, devo assolutamente...): il malato tende a diventare eccessivamente remissivo e compiacente, annullando la propria personalità e capacità critica;
- isolamento (Mi sento in difficoltà con gli altri, tutti notano il mio tremore!): si evitano i contatti sociali per timidezza o per paura di essere rifiutato a causa delle proprie condizioni fisiche;
- depressione (Sono finito!): la consapevolezza di perdere la salute, con la conseguente accettazione dei propri deficit fisici, può rendere la persona malata indifferente e distaccata verso il mondo esterno.
Questi atteggiamenti, in una malattia cronica come il morbo di Parkinson, possono accentuarsi con il passare del tempo e spesso, per essere attenuati, richiedono una risposta di tipo assistenziale.
La malattia del congiunto può avere profonde ripercussioni anche sulla famiglia, così da richiedere uno sforzo di adattamento da parte di tutti i suoi componenti.
In genere si è propensi a ritenere che quando la malattia colpisce un familiare, i congiunti devono quasi automaticamente reagire in modo razionale, manifestando un senso di solidarietà e di comprensione verso il malato. In realtà, però, la malattia può provocare nei familiari reazioni impreviste ed impensabili che possono diversamente configurarsi.
Ad esempio, la famiglia cerca di vivere positivamente la malattia e collabora con gli operatori sanitari nella cura del congiunto.
Altre volte, invece, la famiglia non riesce ad accettare la malattia.
Questo comportamento può, addirittura, danneggiare l’attività terapeutica ed assistenziale rivolta al paziente.
In alcuni casi, la famiglia manifesta stanchezza e sofferenza per lo stress psico-fisico causato dall’assistenza in casa del malato oppure per il protrarsi dei tempi di degenza ospedaliera.
Si possono verificare situazioni in cui la famiglia non è in grado di assistere il malato per cause obiettive di tempo e di disponibilità dei familiari, per l’anzianità dell’altro coniuge, ecc.
Ne deriva che un corretto intervento assistenziale e terapeutico deve coinvolgere oltre al malato anche i componenti del nucleo familiare.
I familiari, infatti, necessitano sia di aiuto pratico, sia di sostegno affettivo per riuscire ad adattarsi agli aspetti negativi della situazione creatasi.
Informazioni ed assistenza psicologica possono, perciò, rivelarsi essenziali e decisivi per aiutare sensibilmente i malati ed i familiari ad affrontare questa nuova situazione e a migliorare la solidarietà all’interno della famiglia.
E’, infatti, solo attraverso l’accettazione dei reciproci problemi che i nuclei familiari colpiti possono reagire in modo costruttivo e ciò va, senz’altro, a beneficio del malato e delle persone che gli vivono accanto.

 

UP – Unione Parkinsoniani

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